venerdì 27 gennaio 2023

Il balsamo capelli, la cura detox, il tonico viso...lo faccio da me! ACETO DI MELE

 L'aceto di mele è quella cosa che guardi con pregiudizio. Finché non lo conosci...e scopri che può avere mille e un utilizzo per la cura di sé, facendo risparmiare moltissimo!!

- COME BALSAMO PER CAPELLI... soprattutto se si usa uno shampoo solido, come noi, il risciacquo acido rende i capelli bellissimi: lucidi, puliti, setosi e pettinabili. Li lascia puliti molto più a lungo, e potete dilazionare i lavaggi anche a vantaggio della bolletta elettrica (meno lavaggi, meno phon, meno soldini). Inoltre è ottimo per tenere lontani i pidocchi e i parassiti. Temete che abbia un forte odore? Un paio di gocce di olio essenziale preferito lo renderanno più inebriante di ogni balsamo commerciale.

-COME CURA DETOX...Un bicchiere di acqua tiepida con un cucchiaio di aceto di mele e una punta di miele vi aiuteranno a ripulire il vostro intestino. Meno tossine, e soprattutto meno bisogno di farmaci. Una settimana di questa cura, al cambio di stagione, vi renderà più reattivi.

- COME TONICO VISO...un piccolo risciacquo con aceto di mele affina la grana della pelle e la disinfetta, specie dopo essersi struccati.

Ma...sapete che si può autoprodurre in modo facile il vostro aceto di mele, praticamente a costo zero? Ci sono diverse ricette on line. Ma vi propongo la mia...for dummies.

Prendete il fondo della vostra vecchia bottiglia di aceto di mele, dove ancora avanza un dito di aceto. Aggiungete dei torsoli di mela, anche un po' di buccia, una punta di miele, acqua appena tiepida. Shakerate e lasciate riposare in un luogo buio, per almeno una settimana. L'aceto ottenuto è veramente stupendo! Delicato e profumato.

Inoltre a questo punto avete avviato una fermentazione, e il vostro aceto dovrà essere rabboccato talvolta con mele e miele oltre che acqua. 

Insomma...ecco a voi il mio nuovo animale domestico!  

giovedì 22 ottobre 2020

Thè, Caffè...o riciclone?

Se c'è qualcosa da non buttare mai e poi mai...sono proprio le bustine di thé o i fondi del caffé! Il periodo autunnale è ormai cominciato, arriva il freddo e quella voglia di scaldarsi con tisane e caffè. Da quando sono a casa in smartworking il consumo di thè, tisane e caffè è cresciuto esponenzialmente: si sa che non ho un distributore automatico in casa come...credo tutti?! Quindi, siccome mi piangeva il cuore continuare a buttare caffè e bustine, ecco alcuni impieghi classici per gli scarti delle vostre pause, per andare avanti senza rimpianti. CAFFE': per la cosmesi- conservate i fondi del caffè per uno scrub corpo. Si può amalgamare con un poco di olio di girasole, che è molto economico e rende la pelle elastica. Se avete la pazienza di aspettare un poco prima di sciacquare, fa anche un ottimo effetto contro la cellulite: è vero che manca molto alla prossima prova costume ma prevenire è meglio che curare. Oppure potete cominciare a preparare il mio olio anticellulite: qui trovate la ricetta. Più tempo il caffè macera nell'olio, più sarà forte l'effetto! Potete anche riusare i fondi del caffè, fatti bollire nella moka una seconda volta, per un risciacquo ai capelli. Se li avete scuri,aggiungete il caffè di una moka da tre persone fatta con i fondi e un cucchiaio di aceto di mele e sciacquate i capelli lavati. Saranno morbidi, lucidissimi e più scuri, al punto da poter evitare il balsamo e da prolungare i tempi tra un hennè e l'altro (se anche voi usate dei mix naturali per tingere i capelli). Ovviamente non funzionerà se sono 3 mesi che non fate l'hennè o se avete una testina d'argento! :D CAFFE': per il giardino. Questo è il mio riuso preferito! basta mettere i fondi di caffè in un barattolo, diluirli in una generosa quantità d'acqua e annaffiare le vostre piante, in particolar modo quelle fiorite. Il terriccio sarà arricchito dal caffè e le piante vi ripagheranno diventando splendide e rigogliose. E' umolto molto pigro...ma dà grandissime soddisfazioni. Io adoro il mio piccolo cortile, e da quando gli offro un caffè almeno settimanale mi ripaga con amore. THE' e TISANE: questo è un trucco da gattare. Amo i miei gatti ma da noi la raccolta differenziata avviene con modalità che ti pigliano a schiaffi, fatto salvo la conversione alle modalità meno inquinanti possibili:la classica lettiera agglomerante viene smaltita come indifferenziata e prevede un costo extra. Per fortuna Mr T è falegname e mi porta a casa la segatura, che invece va conferita nell'umido. Ma c'è un problemino...puzza! come rimediare? Ottimo uno strato di bicarbonato nella lettiera...ma anche mixare le foglioline di the o della tisana dopo che avrete fatto nuovamente essiccare le bustine usate. Ed è sicuramente un modo per non buttare. ( sì, i seguaci dello zerowaste mi diranno che è meglio ancora non usare bustine ma thè sfuso...tutto vero, ma questo è un blog sulla frugalità, e nessuno si risenta ma se devo andare dall'altro capo del mondo a prendere le foglioline sfuse, magari con l'auto e spendendo soldi in benzina...beh non sono stata frugale e ho inquinato forse di più che con delle bustine avvolte in carta).

giovedì 16 aprile 2020

Le 17 cose che non compro più

Il tempo di quarantena ci ha regalato qualcosa che ci mancava molto: nel caso mio, il tempo, che ho potuto usare più volentieri per approfondire anche la passione per minimalismo, frugalità ...per studiare ...a volte per coniugare le cose, come studiare blog di minimalismo e frugalità in lingua inglese :D Molto utile è stato guardare diversi video di youtubers che si dedicano al tema minimalismo...un'infinitààààà! tra di loro la fantastica Elle Growth, simpatica youtuber che parla di minimalismo, ma anche di crescita personale, journaling...temi che sono cari anche a me.
Tra i tipi di video che più mi sono piaciuti ci sono quelli dedicati a "dieci (o più) cose che non compro più".
Devo dire che...io non compro più davvero un sacco di cose! Mi fermo a 17 cose, che sono il mio numero fortunato. E da molto tempo prima di vedere questi video. Per cui sento di poter parlare con cognizione di causa, avendo l'esperienza dalla mia. Spero che questo mio elenco aiuti che passa di qua e si chiede..."come posso fare senza...?"


  1. non compro più...Detersivi monoscopo. Intendo con ciò "il detersivo lucidalavello", "lo spray per vetri", ecc... il Coronavirus ha riportato in casa mia l'alcol rosa, che uso per spruzzare le scarpe al rientro o i bidoni quando rientrano in casa dopo il ritiro porta a porta dell'immondizia. Ma in realtà uso quasi tutti detersivi autoprodotti che sono molto più semplici ed economici. Il detersivo piatti con un po' di bicarbonato o di percarbonato di sodio sono splendidi per una crema detergente per i sanitari, acqua e aceto sono ottimi per disinfettare lavelli, piastre e taglieri, per lavare i pavimenti, per pulire i vetri e per gli scarichi dei sanitari, la soluzione di acqua e acido citrico al 15% è un utile ammorbidente e brillantante per lavatrice... per pulire spesso basta un panno di microfibra e acqua calda strizzati toglie macchie e polvere. Se non sono superfici da disinfettare bastano questi sistemi più rispettosi dell'ambiente (certo che se le cose sono a contatto con l'esterno, e quindi a rischio contaminazione, ci vuole assolutamente disinfezione pesante con candeggina o alcol).
  2. non compro più...Abiti nuovi. Facciamo una premessa: ho una sorella che pulisce gli armadi ogni primavera, estate, autunno, inverno. Abiti di ottima qualità che quando arrivano da me sono ancora nuovi. Tra questi e i miei vecchi abiti da compratrice compulsiva (shopping ogni sabato! che tempi di perdizione) ho tirato avanti per anni. Ora diverse cose si sono sciupate, ma prima di sostituire ci penso sempre bene se sia il caso...e a quel punto acquisto preferibilmente nei negozi dell'usato.
  3. non compro più...Assorbenti. No non sono ancora in menopausa...ma sono passata ai comodi e morbidi assorbenti lavabili, che sono molto più confortevoli.
  4. non compro più...Cd e DVD. Con Netflix per film e telefilm, e Youtube per la musica, perchè tenere in casa cose da spolverare?
  5. non compro più...riviste e giornali. Spesso consulto i siti delle riviste che mi possono interessare, o 'sfoglio' Pinterest. Meno carta da smaltire, bastano già i volantini pubblicitari.
  6. non compro più...1000 prodotti estetici. Ho la couperose, per questo motivo devo stare molto attenta ai tipi di crema che uso, e utilizzare sempre una protezione solare e acqua micellare per rinfrescare il viso. Proprio per questo NON adopero bagnoschiuma dalle bizzarre profumazioni ma solo semplicissime saponette naturali, uso shampo solido e come balsamo faccio un risciacquo con acqua e aceto di mele. Per togliere il trucco (poco, anche per non inquinare la mia povera pelle già provata) uso olio di girasole che tolgo con panno in microfibra e acqua tiepida. 
  7. non compro più...Cosmetici. Sempre per il problema couperose, acquisto pochissimi trucchi: una bb cream naturale che metto solo saltuariamente, ombretto, matita e mascara, matita labbra che uso per colorare l'intera area labbra (ne ho due, giusto per variare) e burrocacao. Le marche ecobio sono leggermente più costose, ma alla lunga usare profumazioni più naturali ha reso meno reattiva la mia pelle.
  8. non compro più...borse. Questo è il mio tallone d'achille: sono appassionata di borse, sono la mia coperta di linus, e ci ho messo anni per razionalizzare. Ad pggi ne ho 14: 4 pochettine per le grandi occasioni e 10 per la vita di tutti i giorni, che uso tutto l'anno. L'idea è che le possa sostituire ma non comprare nuove. Vediamo se ce la farò.
  9. non compro più...gioielli. Ne ho pochi, i pezzi preziosi sono i pegni d'affetto dei miei cari, e poi qualcosa, ma tutto sommato poco, di bigiotteria molto originale. Da poco sto cimentandomi nel fai da te anche in questo campo.
  10. non compro più...roba da cucina. La Mandolina, il pelamela, la tortiera in silicone, 38 tupperware ikea, il tappo sigillacipolla che fa uscire la muffa. Ci ho messo anni a capire che non li userò mai. Ma non mi fregano più.
  11. non compro più...biancheria casa. Che bello il plaid, uhh, e la tovaglia? e i copricuscini! E via, chili e chili di roba. Impossibile da usare tutta in una vita sola. Anche qui, ho donato molto alla Caritas, e adesso aspetto che si rompa ciò che ho prima di pensare a nuovi acquisti.
  12. non compro più...libri. Che sì, comprerei ancora. Ma anche una casa di 100 mq si riempie se occupata da due adulti, una bimba e due gatti. Per ora tengo solo i libri più amati. E per il resto biblioteca, book crossing ecc...
  13. non compro più...giochi per i gatti. Spendi in topi piumati...e poi seguono la pallina di carta stagnola o il filo di lana.
  14. non compro più...giochi per mia figlia. Mi arrivano tantissimi giochi, libri e abiti di seconda mano. compro solo poche cose di cui ha davvero bisogno, e che sono di buona qualità e che possa usare molto.
  15. non compro più...Cose delle feste. No a bicchieri delle grandi occasioni, piatti di Natale. Basta e avanza ciò che ho, se compro qualcosa è solo per la vita quotidiana.
  16. non compro più...biancheria sexy e reggiseni. Solo biancheria di cotone e reggiseni sportivi. Dopo l'allattamento, che è stata una bella sfida, non sono più riuscita a rubare cose costringenti.
  17. non compro più...aggeggi tecnologici. Ho un pc, uno smartphone e un kindle e a volte me ne sento già sovrastata. Davvero dovrei avere anche un IPad? pietà!
E voi cosa non comprate più?

sabato 11 aprile 2020

l'ufficio Smart working ai tempi del Coronavirus

Ho la fortuna di lavorare, in questi tempi di isolamento, in smart working.
Penso che questa sia un'assoluta benedizione e ne sono davvero grata: accanto a me c'è mio marito, falegname in proprio, che non può portare avanti la propria attività se non per quanto riguarda fatture e progetti commerciali. E non parliamo dei tanti amici che non lavorano proprio, o che dopo aver consumato tutte le ferie si apprestano ad entrare in cassa integrazione.
Sono benedetta anche dalla vicinanza dei miei genitori, che sono anche i miei dirimpettai...riesco a gestire la mia piccola mandandola ogni tanto a casa dei nonni, così da offrire un diversivo a lei (ormai in completo isolamento dai coetanei da mesi), dare uno sprone ai nonni per non perdersi d'animo e a me...un po' di respiro nel lavoro 😊
Ma quali trucchi stanno funzionando meglio per me?
Ve li racconto, sperando di aiutarci tutti a vicenda.
  1. FONDAMENTALE! non cambiare troppo le abitudini della vita normale: alzarmi moderatamente presto, lavarmi, vestirmi e sì, anche truccarmi!, fare colazione con la famiglia e solo dopo cominciare a lavorare. Altrimenti la percezione, nel lavorare in tuta e scarmigliata, è quella di essere a casa in malattia o magari…in ferie particolarmente pigre 😉. In realtà sto lavorando, e c’è una normalità anche in queste strane giornate.
  2. Crearsi un angolo ufficio in casa: comodo e piacevole. Io lavoro nell’angolo della mia cucina davanti alla finestra. Sono relativamente lontana dal piano di lavoro e dai fornelli e ho una bella vista del mio cortiletto: vedo i miei fiori, il sole nelle belle giornate e fino a qualche giorno fa era molto piacevole guardare i fiori del mio susino nano dare ospitalità alle api. Ma la cosa più importante è che a sera questo angolo…torna ad essere, senza altri indizi della sua vita segreta del giorno, il tavolo della mia cucina. Ritiro nella borsa del pc tutto quanto: cavi, auricolari, computer, quaderni…chiudo la zip e ripongo la borsa nel mobile di ingresso, fuori vista. Il motivo è molto semplice. Voglio “staccare” anche coi sensi dal lavoro. Non vedere fisicamente il pc significa non pensare all’email di risposta del mio collega, non pensare al report da compilare…a quella ricerca da fare…
  3. Darsi dei tempi. Non parlo solo di essere regolari nell'orario di lavoro, dalle 8.30 alle 17...quello, secondo me, è semplicemente onestà nei confronti del proprio datore di lavoro. Parlo anche di essere capaci di dire "no" a quella telefonata un po' importuna perchè arriva alle 16,59...piuttosto che alle 12,58.
  4. sapersi organizzare per missioni. Ogni mattina riprendere come prima cosa gli appunti del giorno prima e vedere quali siano i punti da concludere e sulla base di questi organizzare la propria giornata. Comprese le pause: in questo caso oltre a bere il caffè si può stendere il bucato, vedere i compiti dei bimbi, piuttosto che farci una sana chiacchiera con il marito o una telefonata a parenti e amici. A fine giornata fare la spunta di quel che si è riuscite a fare, e riportare i punti in sospeso per il giorno successivo.
  5. Telefonate ai colleghi! fate una pausa caffè 'virtuale', allineatevi sui progetti, condividete i dubbi...questa situazione è un po' alienante, ma bisogna considerare il momento per quello che è, dando anche possibilità a noi stessi di approfondire i rapporti e la condivisione per una migliore riuscita dei nostri progetti.
Spero che questa situazione stia insegnando a molti datori che lo smart working è conveniente anche per loro. Ahimè, ci stiamo pagando da soli la luce, il gas, i pasti (moltissimi datori non corrispondono i buoni pasto durante lo smartworking, e questa è una effettiva perdita di soldi...) Ma di fatto stiamo  guadagnando in termini di gestione del tempo e familiare.
E voi? siete in sartworking? quali trucchi state adottando?


venerdì 2 agosto 2019

Detergente multiuso all’aceto limonato



Dreaaams, of my realityyyy…

se anche a voi quando sentite il termine ‘limonato’ parte in automatico la colonna sonora del “Tempo delle mele” e dei bei tempi in cui andavate con il primo amore alla sala cinematografica parrocchiale per tenervi per mano e baciarsi nelle scene buie (che tutto ok durante la proiezione di “The Bodyguard”, ma quando c’è “Nightmare 7” mica tanto)…


...Allora fatevi un bell’amarcord con questo meraviglioso spray multiuso all’aceto limonato!

 

Occorrente:

  • Un vasetto di vetro da 400 grammi circa
  • Aceto di vino bianco o di mele, circa 400 ml
  • Fette di limone già spremuto
  • Contenitore a spruzzino (io uso quelli di vecchi detersivi spray, ancora ottimi)
  • Oli essenziali di limone, tea tre e menta (facoltativi)

 

Preparazione:

Riempite con l’aceto il vostro vasetto di vetro, lasciando un paio di dita dall’orlo. Mettete dentro l’aceto le fette di limone già spremuto. Chiudete bene il tappo e shakerate. Lasciate riposare almeno 4 giorni, scuotendo il barattolo di tanto in tanto; può macerare più di 4 giorni, anche una decina di giorni senza problemi. Quindi travasate il tutto nello spruzzino (il classico da 750 ml, riutilizzato dopo che si è svuotato) riempiendo il resto con acqua. Il vostro detergente è già pronto e profumato, ma se volete aggiungere delle proprietà antimuffa e antifungine aggiungete 5 gocce di olio essenziale di tea tree. Per il massimo della freschezza, aggiungete anche 5 gocce di olio essenziale di limone, di menta o anche un mix dei due. A me piace moltissimo aggiungere al mio spray all’aceto limonato l’olio essenziale di menta, che non è antibatterico quanto quello al limone, ma rende il fare le pulizie un momento quasi rilassante.

 

Questo spray è ottimo per: superfici in metallo come lavelli in acciaio, piastre da cucina, forni; sanitari (spolverate con bicarbonato il vostro water e spruzzate sopra questo detergente, farà un lieve effetto frizzantino che porterà a rilievo sporco e calcare); specchi; pavimenti in piastrelle. Lo utilizzo con parsimonia sui mobili per paura che gli acidi intacchino le superfici, di solito inumidisco un poco il panno per spolverare che così igienizza bene le superfici, ma non rovina.

 

Ha un potere ottimo anche sulle macchie di pennarello: Pannolina, quasi 3 anni, spesso fa esperimenti artistici anche sul nostro mobile del soggiorno, un mobile in noce ereditato da mia sorella, e questo detersivo spruzzato in modo diretto e lasciato agire non più di mezzo minuto pulisce molto bene. Poi asciugo molto bene, sempre per il timore l’effetto acido della soluzione possa creare qualche alone.

 

Sulle fette di limone: per carità, non state a tagliarle apposta, vanno benissimo quelle che avete già usato per condire il pesce o l’insalata, per fare il tè, per marinare la carne…ci manca solo che vi istighi a sprecare qualcosa di così meraviglioso come il limone. La fetta già spremuta ha un’ottima efficacia, e vi dirò di più: dopo averla estratta dal barattolo in vetro, la uso per pulire il tagliere, poi la sciacquo e la inserisco in lavastoviglie a deodorare, e quando è ben lessata finisce nel bidone (dove deodora comunque). Meraviglioso limone antispreco…e meraviglioso spruzzino che – con un po’ di accortezza – non vi lascia mai senza detergente!


giovedì 25 luglio 2019

Olio anticellulite home made facile - facile

Qualche tempo fa ho acquistato un trattamento rassodante ‘miracoloso’ da Eurospin: il miracolo – millantato da tante recensioni sul web – nel mio caso si è tradotto in un arrossamento e un bruciore costanti sulle parti dell’applicazione. Tempo 10 minuti, e la zona prende letteralmente fuoco, con una sensazione dolorosa! Mio malgrado ho dovuto rinunciare ad utilizzarla, perché temevo qualche effetto collaterale nell’uso continuativo. L’ho buttata a malincuore, ma anche il flacone (tubo di plastica) non poteva essere riutilizzato.
D’altro canto tutti i massimi esperti concorderanno: la crema anticellulite di per sé non ha un effetto “chirurgia estetica”.
Perfino la crema più miracolosa, quella che inizia con “Soma” e finisce con “line” è tanto funzionale grazie alla costanza nell’applicazione e nel massaggio che accompagna l’assorbimento (e ci credo, dopo aver speso 50 euro devi essere pazza a lasciare andare a male la crema senza  utilizzarla…)
A questo punto però, se il vero segreto anticellulite è il massaggio, perché non evitare di spendere decine e decine di euro, di mettere in circolo altra plastica e altri rifiuti, e non farsi un prodottino fai da te?
 
Sembra bello ma…come si fa? Con un po’ di pazienza, creatività e qualcosa di salvato proprio dall’immondizia.
Per preparare la mia ricetta, ho consultato diversi siti di autoproduzione, soprattutto per capire quali principi attivi utilizzare, quali fossero i mezzi facili per metterli a frutto e come estrarre i principi.
Nello scegliere le materie prime ho guardato a quelle più facilmente reperibili ma anche a quelle meno impattanti sull’ambiente. Ad esempio, l’olio di jojoba è più nobile di quello di mandorla, quello di riso è più leggero di quello di girasole: ma in termini di facilità di reperimento, come di produzione in terra italiana, olio di mandorla e di girasole sono più a km zero e facili da trovare. Quanto a caffè e rosmarino, basta una moka e un furto in qualche orto …se non avete una nonna…fatevi adottare da qualche vicina!
Personalmente sono molto soddisfatta del risultato ottenuto.
Ecco qui tutto, ma proprio tutto l’occorrente per preparare il mio olio anticellulite homemade.
 
  • olio di mandorla circa 100 grammi
  • olio di girasole circa 150 grammi
  • 3 rametti di rosmarino un po’ essiccati (colti da circa 4 giorni) lunghi 5 cm
  • fondi di caffè 4 cucchiai
  • olio essenziale arancio dolce 10 gocce
  • un vasetto di vetro vuoto, molto capiente (per intenderci quelli della crema spalmabile alla nocciola da 350 gr vanno bene)
  • un colino piccolo a maglie molto fitte
  • un flacone vuoto di shampo
 
Procedimento: mettete nel vasetto l’olio di mandorla e di girasole, infilate nell’olio il rosmarino, aggiungete i 4 cucchiai di caffè. Chiudete il tappo e agitate bene. Aggiungete la dose indicata di olio essenziale di arancio dolce. Richiudete e agitate molto bene.
Ponete in un luogo fresco e asciutto, non esposto ai raggi di luce e fonti di calore (io l’ho messo nella mia lavanderia, ma va bene anche un sottoscala per capirci). Lasciate riposare almeno 3 settimane. Almeno una volta a settimana date una bella agitata al vaso.
Tenete conto che in questo momento caffeina, rosmarino e arancio dolce stanno rilasciando i  loro principi attivi nell’olio, per cui se potete lasciate pure un po’ di tempo in più a macerare il tutto. Io ho lasciato il vasetto a riposo circa due mesi, l’importante è avere costanza nell’agitare il vasetto nel suo ‘ritiro spirituale’ al buio, così date anche un occhio che i rametti di rosmarino non stiano imputridendo o altro (non dovrebbe succedere se non li avete messi a macerare se colti troppo presto). Comunque non supererei i due mesi, per capirci.
Dopo aver lasciato trascorrere questo tempo, aprite il vasetto e con il colino filtrate il tutto per bene, possibilmente in una tazza di ceramica capiente. Il liquido sarà ancora un po’ sporco di caffè; a questo punto filtrate di nuovo nel vasetto il liquido, lasciandolo più pulito.
Infine con un piccolo imbuto travasate il liquido nella bottiglia vuota.
L’olio che ho ottenuto ha un profumo di come di cacao amaro, molto buono, non stucchevole.
Una volta massaggiato ben bene, troverete un effetto lievemente riscaldante,  abbastanza piacevole.
Consiglio di usarlo la sera, così avrà il tempo di assorbirsi bene e se ci fosse qualche granello di caffè, una volta assorbito il composto, diventa facilmente spolverabile.
Il liquido nella bottiglia, se conservato al buio e lontano da fonti di calore, dovrebbe mantenersi almeno 6 mesi.
 
Il risultato è una pelle sicuramente liscia, ben idratata ed elastica grazie al mix di oli, l’aspetto è molto sano e rosato penso per la caffeina e il rosmarino che stimolano la circolazione. Sembrerebbe più compatta e con meno granuli di cellulite, ma potrebbe essere anche l’effetto della cute più sana e meno asfittica (sicuramente anche il far ossigenare la pelle prima di rivestirsi e ungersi ha un buon effetto, penso).
L’olio di arancio dolce in teoria ha proprietà leviganti. Comunque è accertato che ha proprietà antidepressive e sedative dello stress…quindi alla peggio, se l’olio anticellulite non funziona, non mi dovrei far prendere dal nervoso per la prova costume!

venerdì 19 luglio 2019

Quanto ho risparmiato con la borraccia


La borraccia è ormai un vezzo di moda: tutti ce l’hanno, è la dotazione base dello studente come del lavoratore fuori casa. Chi ce l’ha rosa, chi color acciaio… ma anche colorate e ne ho visto perfino una stampata con la Vespa, lo scooter vintage.

Personalmente ho adottato quotidianamente la borraccia da un anno, quando me l’hanno regalata ad una fiera.

La resistenza più grande è l’idea di riempirla quando si è fuori casa.

Alla fine lo vinto questo pregiudizio dicendomi che già a casa utilizzavo l’acqua del rubinetto per riempire caraffe e bottiglie, non aveva molto senso formalizzarsi e non bere l’acqua del rubinetto al lavoro: di fatto l’acquedotto è controllato con più frequenza delle fonti delle acque in bottiglia, se il sapore non è orrendo (come accade per acque molto pesanti o con sapore di cloro) vale la pena bere acqua del rubinetto anche fuori casa. Una volta assaggiata l’acqua da ufficio per capire che non faceva schifo, la mia borraccetta da 33 cl ha cominciato a seguirmi ovunque.

Il formato è strano rispetto al classico mezzo litro, ma a caval donato non si guarda in bocca, basta riempirla un po’ più spesso e in fondo è la scusa per fare una mini passeggiata in più fino al rubinetto. Ho ricevuto in regalo, successivamente, un’altra borraccia in alluminio da mezzo litro, ma spesso la lascio a Mr T che la adopera se lavora fuori dal laboratorio di falegnameria.

Fatta l’abitudine a riempirla di frequente il formato mignon è molto utile, specie se la si tiene in borsa durante le commissioni: è più facile che mai avere a portata un sorso d’acqua al bisogno. Poi con il fatto che ha un’imboccatura non facilissima da mettere tra le labbra quando sto alla scrivania sfrutto la mia tazza da thè e così senza accorgermi bevo un pochino di più.

Ma parliamo di vile denaro. Quanto fa risparmiare la borraccia?

Sull’agenda segno ogni giorno le spese effettuate, ormai da qualche anno. Così è stato facile recuperare le spese connesse all’acqua prima dell’avvento della borraccia.

Giornalmente spendevo fuori di casa almeno 0.35 euro (prezzo dell’acqua da mezzo litro al distributore) + 1 euro (prezzo medio dell’acqua da mezzo litro al bar, presa a pranzo). A volte anche lontano dall’ufficio dovevo fare rifornimento d’acqua prendendo una bottiglietta al bar, quindi aggiungiamo un altro euro, speso in media ogni 2 giorni. Si arriva a circa 1,85 al giorno: moltiplicato per 340 giorni all’anno (ho escluso le ferie) sono 629 euro. SEICENTOVENTINOVE. Immaginate anche di bere acqua in plastica a casa: per una famiglia di tre persone come la mia dovrebbe essere consumata una bottiglia da 2 litri intera al giorno, ossia circa 35 centesimi (prendendone una economica). Sui 365 giorni dell’anno, significa che avrete speso ulteriori 127,5 euro.

Insomma, bevendo la minerale in plastica ‘finiscono in acqua’ la bellezza di 760 euro all’anno. È uno SPROPOSITO.

Sono almeno un paio di weekend fuori porta in un anno, in cui potete accumulare ricordi felici. Sono investimenti energetici per migliorare casa vostra, per spendere meno nelle bollette. Sono soldi che potete destinare a mangiare cibo bio, che spesso viene tacciato di essere più costoso.

Passare all’acqua del rubinetto e alla borraccia è un cambio di abitudine così facile e vantaggioso che ve ne accorgerete già dai primi giorni: meno peso nella borsa della spesa (basta casse d’acqua pesanti), meno soste ai bar, meno bottigliette di plastica che si bucano e vi innaffiano i documenti in borsa. Meno plastica nel bidone, e quindi meno viaggi per portare l’immondizia fuori casa.

Cosa serve per questo cambio? L’investimento può essere anche minimo: una bottiglia di vetro per casa, di quelle che si trovano a un euro in tutti i negozi di casalinghi, e se non volete spendere soldi per una borraccia è possibile anche usare una bottiglia del succo di frutta in vetro, di quelle con il tappo a vite, recuperata da una colazione al bar. Personalmente la trovo una soluzione migliore rispetto a comprare una borraccia economica in plastica, perché comunque con il tempo e il calore tenderebbe a deformarsi e magari bucarsi, cosa praticamente impossibile con una bottiglietta di vetro.



Sicuramente è più pratica la borraccia in alluminio, per la quale si può anche aspettare una buona occasione: per esempio le nostre due borracce di alluminio sono omaggi di alcune fiere a cui ho partecipato per lavoro, ma può essere anche un’idea regalo per Natale o per il compleanno (se avete confidenza con la persona…meglio quello che il pigiama di flanella o la confezione di bagnoschiuma al cedro del Tirolo).
Non voglio fare la Greta Thunberg a ogni costo, piuttosto preferisco fare la casalinga di Voghera: se non vi fate convincere  dalla diminuzione della plastica in circolazione (validissimo argomento che però non preme a tutti) fatevi convincere da SETTECENTOSESSANTA EURO in più in portafoglio. È una settimana di ferie in montagna, la stessa a cui magari avete dovuto rinunciare l’anno scorso. E tutto questo con l’investimento di un paio di euro in bottiglie di vetro: pensateci.

mercoledì 26 giugno 2019

Zero waste e frugalità

(in foto...un'autoproduzione fatta in treno)

Da qualche tempo si sente insistere spesso sul concetto di zero waste.
Ma cos’è questo famigerato ‘zero waste’? Letteralmente è ‘zero spreco’. Di tempo, di immondizia, di plastica usa e getta…ma soprattutto di soldi.
Per chi ama la filosofia di vita frugale, è normalità assoluta essere a zero spreco. La frugalità è proprio l’essere sobri, minimalisti, capaci di temperanza, l’essere produttivi…e sì, sicuramente lo spreco in questo stile di vita non è contemplato! ma chissà, forse il termine frugalità piace meno per la sua connotazione da quaccheri poco modaioli...
Ma quanto si risparmia ad essere zero wasters, per gli amanti dell’italiano “non spreconi”? per capirlo meglio mi sono iscritta alla rete Facebook per capire i capisaldi di questi personaggi ormai alla moda.
Allora siete pronti?… se volete essere zero wasters dovete…
 
  1. Cominciare a bere acqua del rubinetto
  2. Tagliare l’usa e getta! No ai fazzoletti di carta, vaschette di alluminio, tovagliolini di carta…
  3. Portarsi la sportina della spesa
  4. Comprare il più possibile sfuso
  5. Usare spazzolini in bambù
  6. Riparare ciò che è rotto
  7. Congelare le porzioni in più di cibo in contenitori rigidi
  8. Ritornare alla moka
  9. Acquistare meno
  10. Autoprodurre ciò che si può
 
E sapete qual è la cosa bella? Che da brava ‘frugalistah’ già facevo (quasi) tutto, ad esclusione dello spazzolino in bambù …che diciamocelo, non è poi così facile da trovare!

  • Per il resto potete scegliere acqua del rubinetto, ma anche delle casette dell’acqua ormai molto diffuse sul territorio italiano, utilizzando la tessera sanitaria o pochi centesimi potrete fare scorta idrica. Per non parlare di quanto sono fashion le borraccette d’acqua di alluminio, che ‘uscite dalla borsa’ scintillando abbagliano molto più della bottiglietta di plastica che fa scaldare il liquido e chissà cosa diavolo rilascia…
  • L’uso del ‘non usa e getta’ è poco diffuso invece. Devo dire che molte persone anche in ufficio mi guardano stranite quando tiro fuori le mie posate d’acciaio, o il fazzoletto di stoffa…e menomale che non aprono la pochette dove fa bella mostra di sé l’assorbente lavabile!  eppure secondo me usare beni durevoli è proprio un piccolo lusso alla portata di tutti. Perché usare – a costo più alto – le posate di plastica che oltretutto possono rompere i rebbi della forchetta e diventare pericolose? Perché mettere cellulosa e plastica sulle parti di pelle più delicata (come naso o …altro )…? La stoffa è molto più morbida. Le vere posate e i veri piatti, molto più piacevoli. E tutto sommato visto che non laviamo a mano, ma con la lavatrice …dov’è il problema di utilizzare quelli? E nessuno osi dire cose tipo: “eh ma anche lavando si impatta sull’ecosistema”. Certo. Anche respirando si produce anidride carbonica, quindi? Smettiamo di respirare? …il punto è cercare soluzioni praticabili. Un detersivo poco impattante sull’ambiente, magari sfuso, magari usato in quantità minime, magari con ingredienti biodegradabili, non avrà mai lo stesso impatto di un prodotto usa e getta magari in plastica, che si decompone in secoli.
  • La sportina della spesa è un must, specie se si lavora un po' lontani da casa. Parto la mattina con frutta, schiscetta per il pranzo, varie ed eventuali nella sportina…e a seconda della piega che prende la giornata  la sportina finisce ripiegata in borsetta o resta lì, riempita magari della frutta dell’orto urbano con cui collaboro, di qualche acquisto...ma mi accompagna sempre.
  • Comprare sfuso invece è un punto in cui voglio migliorare. Sì, frutta e verdura li compro sfusi…e mi sono organizzata con una collega per comprare le retine di Naturasì, che consentono di aggirare il sacchettino di mater bi (che bello, sì, compostabile…ma una volta appiccicata l’etichetta in carta chimica – che compostabile non è – comunque è andato tutto a vacca, ivi compreso lo smaltimento della mater bi. Che è un rifiuto da qualsiasi parte vogliate girarla). Però ci sono negozi che vendono anche pasta sfusa, riso, legumi, frutta secca…ma io non li trovo. Dove siete? dove vi nascondete? perché non proliferate in tutta Italia?
  • Spazzolini in bambù…niente, anche qui. Ma dove si trovano? Vietato rispondere ‘online’. Grazie al ca…ppero, quando si compra online c’è un citrullino che salta su un furgone e vi porta a casa due spazzolini. Di bambù, va bene, si decompongono. Ma sempre due spazzolini per i quali sono state spese spedizioni aeree e trasporto su gomma e imballo cartaceo/ plasticoso. Cioè alla fine quei due spazzolini di bambù avranno inquinato pure loro!!! Nel frattempo sto tenendo botta con lo spazzolino tradizionale, sperando che presto si diffondano gli spazzolini di bambù anche nei negozi di vicinato…
  • Riparare – e qui, va benino. Il mio impedimento è…mio marito, che spesso mi dice “beh, ti costa più riparare questo oggetto che comprarlo nuovo!”. Cosa che a volte è pure abbastanza vera. MA c’è il tema dell’affetto. Amare gli oggetti che si hanno, viverli con amore, curarli...questa cosa va ben oltre all’andare ed acquistare, sia pure conferendo all’isola ecologica quel che è rotto per il riciclo dei pezzi di ricambio. Dove ho mano libera (come risuolare le mie scarpe, aggiustare la zip della giacca o la fodera della borsa) cerco di aggiustare sempre ciò che posso. C’è un po’ più di conflitto se è un bene domestico, ma per fortuna qualche volta riesco a spuntarla io.
  • Congelare le porzioni in contenitori rigidi – qui il discorso degli zero wasters è: evitare il sacchetto da congelatore. Ma secondo me – e non me ne voglia nessuno – usarli è demenziale. DEMENZIALE. Se cucino una porzione di riso in più e posso portarla al lavoro, chiaramente preferisco metterla subito in una schiscetta che mi faciliti il trasporto verso il lavoro. 4 foglie di basilico stanno meglio conservate in un vasetto (magari di yogurt riciclato) che in un sacchettino di plastica. Ma che ce ne si fa di ‘sti sacchettini dalla consistenza di profilattico usato? Boh. Sono proprio scomodi.
  • Ritornare alla moka. A me le cialdine di nespresso piacciono solo per una cosa: si possono riutilizzare per fare i gioielli. Punto. Ma la moka è un’altra poesia. È profumo, è il borbottio che ti chiama in cucina, è la convivialità di dividere la tazza. È andare per mano con la mia bimba a comprare il caffè in grani alla torrefazione, farmelo macinare sul momento mentre lei e gli altri bimbi presenti in negozio sgranano gli occhi, è il pacchetto in borsetta che la fa profumare per giorni, anche se l’ho messo nel barattolo appena portato a casa. È svuotare il fondo su un piattino…e dividere equamente il tutto con le piante del mio giardino: un po’ a loro come fertilizzante e un po’ a me come scrub anticellulite.  E devo dire che funziona bene in entrambi i casi.
  • Acquista meno. Nessuno, nessuno vi dirà mai che liberazione sia imparare ad acquistare meno: nella nostra società acquistare è utile, è necessario, è un dovere sociale (“Fai girare l’economia!” vi dicono amici e parenti credendosi simpaticizzzzzimi). Non è così. Non è vero. Comprare, comprare tanto quanto ci dicono di comprare è un costume devastante non solo per l’ambiente ma soprattutto per la vostra psiche. Li ho avuti anche io come riti settimanali: il sabato dello shopping, il giro al centro commerciale la domenica con il fidanzato/marito, lo shopping ristoratore del dopo giornata stressante in ufficio, ‘ch’è stata una giornata di melma e me la merito una nuova borsa/paio di scarpe / gonna/ saDiocosa’. E appena l’attimo dopo, è svanita la gioia. La borsa è dozzinale, serve solo a intasare un armadio già fin troppo pieno. O peggio ancora è di gran firma, ma il vostro conto in banca ne ha già avuto abbastanza dei vostri "momenti no" quel mese e andrete pure in rosso appena pagata la rata dell’affitto. Dovrete nasconderla nell’armadio per un po’ perché se la becca vostro marito saranno pure discussioni…Chissà, forse se risparmiate sul cibo…e poi magari sulle scarpe, per una volta mica vi si rovineranno i piedi se comprate una scarpa dozzinale dal negozio cinese no??? Diventa un circolo vizioso fatto di debiti, di oggetti che vi tolgono l’aria, banali, che quasi odiate perché vi ricordano la volta che il vostro capo vi ha fatto lo shampo solo perché aveva litigato con la moglie e voi – per riprendervi – vi siete fumate nel giro di 5 minuti metà busta paga. Un circolo di cibo di origine dubbia comprato di corsa, solo per avere tempo di andare a comprare abiti di bassa qualità perché i precedenti si sono bucati, e con l’ansia di consumare troppa benzina nel tragitto tra un negozio e l’altro perché la carta di credito chiede pietà e…STOP. Stop perché sto girando il dito nella piaga, e sto tirando fuori dal mio personale dimenticatoio ricordi spiacevoli da cui, per fortuna, sono fuori da un po’. Oggi la mia terapia antistress post giornata brutta è una bella passeggiata lunga, magari nel verde, o nel quartiere a respirare i profumi di casa. Qualche volta incontro un conoscente per far due chiacchiere, ma spesso è bello star sola e pensare ai fatti miei. È tornare a casa e spazzolare il gatto, che dopo una seduta vigorosa mi fa le fusa riconoscente. È una doccia calda col sapone profumato e un massaggio con la mia crema corpo autoprodotta, è fare i biscotti o il pane o lo yogurt con mia figlia. È provare nuovi accostamenti coi miei 37 vestiti che stanno già nel guardaroba. È comprare una bella pianta aromatica per il giardino, chiacchierando con la signora simpatica del consorzio agrario, annusarla per tutta la strada e darci dentro con la paletta appena tornata a casa. È ascoltare musica. E sono tutte cose gratuite, che fanno sentire molto più rigenerati nel corpo e nello spirito rispetto a buttare soldi dalla finestra. Perché finalmente comprare diventa quello che deve essere: una scelta pensata, consapevole, di cose utili e in linea con le cose che davvero vogliamo nella nostra vita. E cominciamo ad apprezzare davvero gli oggetti che compriamo: la pianta aromatica. L’acido citrico per far l’ammorbidente. Il caffè macinato fresco. Il foulard vintage del mercatino dell’usato. La cannella per i biscotti. Ed è giusto amare ciò che compriamo, perché lo compriamo con soldi per i quali abbiamo barattato il tempo di cui è fatta la nostra vita. E il tempo alla fine è la cosa più preziosa che abbiamo...
  • Autoprodurre ciò che si può. Non è un caso che poco fa citatofuori alcune cose che mi piace comprare e che considero oggetti particolarmente degni di stima… per esempio l’acido citrico e gli olii essenziali che mi hanno regalato tante soddisfazioni, come quello del profumo fresco e durevole di menta sui miei panni stesi al sole. O il piacere di stendere la crema corpo fatta in casa con olio di mandorla e olio essenziale di lavanda. O struccarsi con un po’ di automassaggio con olio di girasole. O mangiare i miei biscotti alla cannella a colazione, intinti nel caffè della torrefazione. O il senso di freschezza del deodorante all’olio essenziale di eucalipto. O usare la mia borsa da palestra fatta di un vecchio jeans dismesso. O indossare una maglietta su cui ho cucito io stessa le decorazioni…Insomma voglio dire che fare da sé è un’altra cosa. Non sono solo i soldi ma potrei dirvi che se ne risparmiano davvero, davvero tanti. Non è solo la monnezza…anche se pensandoci, con poco olio in vetro, polvere contenuta in sacchetti di carta e due o tre boccettine ho evitato tanti flaconi di plastica, e tanti giri alla piattaforma ecologica, potrei dirvi di quel certo piacere di vedere i bidoni semivuoti, di poter portare fuori l'indifferenziata molto meno volte. Ma più di ogni cosa il'autoproduzione è la gioia di usare qualcosa di unico e artigianale, qualcosa che proprio per questo è prezioso. E penso che questo valga molto più del risparmio o del valore intrinseco dell’oggetto.

venerdì 7 giugno 2019

Svuota l’armadio


Questa primavera ho festeggiato i miei primi 3 anni di guardaroba capsula. Ho cominciato durante la gravidanza, 3 anni fa, per riuscire a essere presentabile in ufficio senza trovarmi a spendere un patrimonio per gestire una situazione tutto sommato transitoria…avevo già letto diversi articoli ispirati al Project 333 di Courtney Carver (vi consiglio la sua pagina fb Be more with less, altamente motivante per chi cerca una vita meno densa di cose e più di significato). La cosa mi aveva fatto dire “ma va’…impossibile!”…per poi diventare pian piano un “perché no?”

Mi sono messa alla prova e …non solo si può fare ma è molto, molto più divertente e creativo che non fare shopping continuamente! Far quadrare i conti per 3 mesi con un armadio di 33 pezzi (lo ammetto, io di solito ne uso 37…mi piace di più come numero) è stimolante, ti spinge a sfruttare tutto, ma proprio tutto quel che hai, anche con abbinamenti del tutto impensati.

 

Ma uno degli aspetti importanti per me è stato anche diventare più capace di leggermi dentro: capace di capire se quel pezzo che poi mi sono trovata a mettere di malavoglia non mi piace più, o semplicemente non è più adatto al mio stile di vita…o alla mia età (non ho mai avuto le cosce di Kate Moss, ma con l’ingresso negli anta e la gravidanza alle spalle quelle cosciotte sono più molli…e mi chiedono un po’ di pudicizia e gentilezza in più!)

 

Per questo ho imparato a badare a cosa, a fine stagione, non ho mai sfruttato. Se per tre mesi ho fatto a meno della gonna fru fru, forse è arrivato il momento di pensionarla, modificarla o…

Che si fa della gonna frufru che non metti più?

Opzione 1: se vecchiotta e malmessa, e ormai non più amata…la puoi tenere da parte e darla ai negozi che sempre più spesso organizzano campagne di raccolta degli abiti usati. Ad esempio OVS raccoglie ora gli abiti che non amate più, e per ogni sacco di abiti riceverete un buono sconto da 5 euro da usare su una spesa di almeno 40 euro. Se OVS non incontra i vostri gusti, sappiate che periodicamente Kiabi organizza una campagna di raccolta in collaborazione con la onlus Humana, e che anche Intimissimi indice campagne di raccolta per la biancheria intima (a proposito, devo rottamare i reggiseni!)

Opzione 2: se si è abili con ago e filo, si può provare a modificare. Questa è un’opzione valida soprattutto se vi piace il tessuto, la gonna è vissuta ma ancora ‘portabile’ e l’unica cosa che vi fa storcere il naso è la lunghezza, o il fatto che magari sia un po’ larga. Personalmente però valuto sempre quanto ‘il gioco valga la candela’, se la gonna vi piace ma non vi convince fino in fondo, se la modifica sarà costosa e richiede la manodopera di una sarta forse può valere la pena passare all’opzione 3…o 4!

Opzione 3: vendete il capo. Questa è un’ottima opzione soprattutto se: il capo è firmato e può avere una buona rivendibilità, è in buone/ottime condizioni e a voi proprio non piace (o non piace più). In questo caso, personalmente consiglio il mercatino dell’usato: portate i vostri capi e li dimenticate lì, salvo passare di lì a qualche tempo o attendere che vi contattino per comunicarvi la vendita. È bene però mettere in conto che si guadagna poco, sicuramente meno del previsto: chi frequenta i mercatini anche come acquirente sa che i capi lasciati in conto deposito per più di 60 giorni vedono ulteriormente decurtare il proprio prezzo. Quindi quell’abito che a voi è costato 200 euro, arriva a essere messo in vendita a 100, e a voi toccheranno solo 50 euro…ma dopo 60 giorni arriverete a 20 euro…e via dicendo. Se in vendita mettete un abito costato a voi 30 euro, capite che riuscite alla fine dei conti a portare a casa 3 euro è andata ancora bene. Ciò nonostante lo trovo apprezzabile rispetto a tenervi in casa degli abiti che non portate più e che vi rubano spazio, ossigeno e possibilità di riporre meglio gli abiti che davvero amate, portate e volete conservare. La vendita  in particolare è qualcosa che apprezzo molto rispetto ai vestiti di Pannolina. Per lo più gli abiti di Pannolina mi sono già arrivati di seconda o terza mano, ma in alcuni casi sono ancora così in buone condizioni che ci realizzassi pure un euro a capo, li riutilizzerei almeno di arricchire il suo guardaroba per gli anni a venire (col passare del tempo gli abiti delle amichette / cuginette vengono sfruttati più a lungo e arrivano da noi più difficilmente, perché non sono più in ottimo stato)…

Opzione 4: donate! Ai parenti, agli amici se sapete che possono apprezzare (soprattutto per i bimbi i vestiti smessi sono una mano santa per i portafogli, e da tenere in considerazione visto quanto velocemente i piccoli cambiano taglia dei propri vestitini). Ma anche alle associazioni benefiche. A voi torna spazio nell’armadio per far ‘star comodi’ i vestiti che decidete di tenere, e seriamente: quel pantalone che a voi non piace o non dona più può diventare un grande aiuto per qualcuno più in difficoltà. Chiaramente i vestiti devono essere comunque mettibili: ok un piccolo rammendo nascosto, ma voi lo indossereste un pantalone tutto rattoppato? Ed è giusto mettere una persona più povera nella condizione di dire ‘o questa minestra o salto dalla finestra’? siate pietosi, non metteteli in condizione e passate alle opzioni 5 o 6.

Opzione 5: riusate. Quella maglietta macchiata di vostro marito può diventare uno straccio. Il collant smagliato potete tagliuzzarlo e usarlo come spago per legare i pomodori o il sacco dell’immondizia. Se siete bravi con ago e filo, quel jeans sdrucito può diventare tante cose diverse: la sacca porta tappetino da pilates, o anche uno zainetto per il nido per Pannolina. Un cuscino patchwork. Una bustina portapenne. Insomma…se il tessuto è buono e l’abito è solo irrimediabilmente strappato in un altro punto, potete salvare qualcosa dalla discarica e risparmiare voi qualcosa che altrimenti dovreste comperare.

Opzione 6: riciclate. Le parti di tessuto rotte o rovinate possono essere riutilizzate: esistono centri che si occupano del recupero delle fibre tessili. Se avete visto il documentario ‘the true cost’ sapete che l’industria tessile è tra le più impattanti e inquinanti al mondo. Non possiamo permetterci di chiudere gli occhi di fronte a questa realtà. Ne va della nostra salute, e di quella dei nostri figli. Gli abiti, le scarpe non devono prendere mai semplicemente la via del bidone dell’indifferenziata, ma devono essere comunque conferiti negli appositi bidoni gialli.

…in merito all’opzione 6: non è tutto oro quel che luccica. I vostri abiti hanno vissuto a lungo con voi, li avete usati bene, li avete smaltiti correttamente. E nonostante tutto sappiate che potrebbero finire, vostro malgrado, ad alimentare un mercato dove finiranno per essere rivenduti a un prezzo spropositato in Africa, da parte delle associazioni mafiose. Come si esce da questo problema? …comprando meno. Semplicemente. A tutto vantaggio del vostro portafoglio, ma soprattutto a tutto vantaggio dell’inquinamento, dello spreco zero di risorse.

martedì 9 aprile 2019

del piangere miseria

Era davvero tanto che non pubblicavo, ma ultimamente mi sono successi alcuni episodi che mi hanno spinto a fare un post filosofico sulla vita semplice, e soprattutto sui vizi di oggi.
Una collega con cui spesso vado dalla fermata del treno all'ufficio mi ha raccontato, lacrime agli occhi,  di avere rotto l'auto. Conoscendo la zona in cui abita, poco servita di mezzi, e la sua situazione familiare non rosea mi sono offerta di mettere in campo le mie conoscenze di famiglia per aiutarla a trovare una buona auto per 1000 euro...
sempre con le lacrime agli occhi mi ha risposto "1000 euro io non ce li ho". Sono rimasta colpita perché...accidenti,  davvero un piccolo fondo per le emergenze non ce l'hai?? però non volevo giudicare anzi...semplicemente ho parlato con mio marito se fosse possibile farle un piccolo prestito,  visto che noi in fondo emergenze lo abbiamo e che dovremmo aiutare il prossimo.  Lui serafico mi ha risposto "aspetta una settimana,  osserva...e se poi avrà bisogno magari ti chiederà ".
Passa una settimana,  vedo la collega. il primo giorno mi racconta di aver prenotato una crociera coi ragazzi:"un'offerta imperdibile e poi bisogna costruirsi dei ricordi ".
mah.
due giorni dopo racconta a un'altra collega di aver ceduto e acquistato una "borsa bellissima,  era in saldo, solo 100 euro!"
mah.
dopo una settimana mi faccio coraggio e le chiedo:" e è la tua macchina? "
"ah!" risponde serafica"ne ho presa una nuova, full optional! "
"e per i soldi che non avevi?"
"beh finanziamento con garante mio padre".

ecco.
potrete dirmi "beh ma lei si gode la vita"
io vi rispondo che solo per avermi fatto preoccupare per un suo non-problema l'avrei dovuta prendere a schiaffi.
Non-problema perché- dopo una sola settimana- la circostanza che l'aveva fatta piangere e perdere dignità di fronte a me era più che superata,  sepolta da borse è vacanze di lusso...mentre io mi preoccupavo sincera.
Il lusso secondo me è la libertà di dire "avrei voluto usarli per altro  ma posso far fronte alle emergenze" senza far inutili sceneggiate che fanno pensieri al prossimo.
...e voi? siete più cicale o formiche?
preferite una dignitosa semplicità i o un lusso ostentato e vuoto?

giovedì 24 gennaio 2019

Gennaio, tempo di propositi felici -2


Ho scritto l’altra volta tra i miei propositi felici i miei personali s- propositi: quel che non faccio più per campare più felice.

Oggi parlo invece di quel che aiuta, qualcosa che rende quindi più felice.

In particolare:

Organizzarmi l’agenda : il cosiddetto bullet journal è bellissimo. Una cosa che, se lo cercate su youtube, vi fa venir da dire “figoooo”. Ecco,  tutto vero. La verità è che basta meno. Molto meno.

Nessuna necessità di un’agenda firmata da 30 euro. Basta un quadernetto o un’agenda di Tiger, la mia è una giornaliera pagata 3 euro, di un color fuxia sgargiante, e funziona benissimo…anche per il morale, visto che mi fa vedere la vie en rose ogni volta che la tiro fuori dalla borsa. Bastano anche meno colori: uso la classica 4 colori di Paolo Bitta 😊. Scrivo in nero gli impegni e gli appunti, in blu le cose di cui sono grata quel giorno, cerchio in blu il mio ‘spazio kakebo’, uso il verde per gli obiettivi della settimana e gli appuntamenti sociali, il rosso per gli aforismi che mi ispirano e per fare le spunte sulle cose fatte. Trovo utile usare i colori perché spunta subito all’occhio la categoria per cui ho scritto certe cose.

Scrivo le cose che voglio comprare nel mese, il memo delle verdure di stagione, il menù della settimana, l’elenco delle faccende domestiche quotidiane, settimanali, mensili e annuali. Scrivo l’elenco degli abiti della mia capsule wardrobe. Scrivere così tanto mi aiuta a far diventare i propositi degli impegni, delle abitudini quotidiane. Una volta che ‘è scritto’, non farlo mi pone davanti a una mancanza, a un ‘avrei dovuto’, a un senso di colpa: per una volta posso sfruttare il senso di colpa in modo positivo, perché significa che non ho fatto qualcosa per me. E avere sott’occhio gli elenchi di abiti e faccende mi aiuta a tenere sotto controllo, anche da lontano, quello che c’è da fare, a prendermi cura di me, della mia casa e delle mie cose, della mia famiglia.

Organizzare l’armadio mio e di Pannolina: ormai sono un po’ di anni che uso il metodo del project 333: un armadio limitato a 33 pezzi (io mi sono fatta dispensa, di solito ne uso 37 che è un numero che mi piace di più) da utilizzare per 3 mesi. Al cambio di stagione si ruota con il resto degli abiti, diligentemente accantonato in scatole. In questo modo mi sembra di avere un guardaroba completamente nuovo, tirare fuori gli abiti dalle scatole ti fa ritrovare vecchi amici ma con un senso di novità, ti suggerisce nuovi accostamenti che prima non osavi. Inoltre usare un numero limitato di vestiti ti impone, per forza di cose, di utilizzare abiti abbinabili tra loro e solo quelli che più ti piacciono. Se avete questo timore: no, sono anni che lo faccio e nessuno si accorge che porto gli stessi abiti. Nessuno mi dice “ah ma questo lo indossavi lo scorso martedì”. La verità è che qualcuno ha messo in giro questa voce per farci spendere di più 😉…e che se lavate regolarmente i vostri capi (cosa obbligatoria, visto che ne avete pochi e non potete permettervi di avere le macchie in bella vista) gli altri noteranno solo quanto vi sentite bene nei vostri panni.

Inoltre è più facile prendersi cura di 37 abiti, lavandoli con cicli delicati o a mano, prendendosene cura con il piegarli bene, piuttosto che di un numero sterminato di vestiti, che inevitabilmente sarai costretta ad ammassare per mancanza di spazio, stirare più spesso (leggi: logorare) perché l’ammassamento leva spazio, impazzire a ricordare quanti abbiano bisogno di una rinfrescata e quanti no, per poi finire sopraffatti, infilarli in una lavatrice a caso e …sbagliare lavaggio (questa è la mia autobiografia fino a qualche anno fa).

Ora applico lo stesso metodo anche a mia figlia, che però ha una cinquantina di abiti perché può sporcarsi più spesso. Anche questo è utile per tenere meglio gli abiti, e inoltre siccome ricevo spesso abiti da amiche che li dismettono per i propri piccoli, mi aiuta a tenere solo quelli che preferisco…e gli altri li posso girare ad altre persone che possono averne bisogno.

Fare i turni abiti: questa è un trucco per ‘logorare tutti gli abiti’ allo stesso modo. Fare dei turni per mettere gli abiti (tipo: lunedì pantaloni, martedì gonna, giovedì vestito…) aiuta a far sì che tutti gli abiti possano essere sfruttati allo stesso modo. Chiaro, ognuno deve creare un metodo a seconda delle sue abitudini, gusti e impegni, ma aiuta ad avere cose logore e abiti nuovi che restano in sempiterno chiusi nell’armadio. Inoltre aiuta ad avere sempre il tempo di fare il bucato e asciugarlo senza problemi. Tenere un elenco scritto aiuta anche ad avere sott’occhio cosa potete sfruttare.

Chiedere aiuto, per favore: quest’abitudine è una vera sfida…sono la terza figlia, mia mamma mi ha avuta non più giovanissima, quindi fin da piccola mi sono abituata a chiedere il meno possibile perché sapevo che la pazienza dei miei era già a dura prova. Ho fatto anni a correre, correre, cercare di far tutto da me…e ho trovato un marito bravissimo, ma che onestamente NON capisce i carichi di lavoro domestico e familiare. Non li vede. Non rileva la differenza tra polvere e non polvere, disordine e non disordine, un cesto di bucato colmo o vuoto, una bambina bisognosa di bagnetto o meno…ho dovuto vincermi. Ho dovuto far notare. Che facesse ‘il furbo’ fingendo di non vedere oppure no, la mia salute, la mia pazienza, la mia famiglia aveva bisogno del suo contributo. E quindi, ora chiedo. Chiedo di portare fuori la spazzatura, di ritirare o stendere i panni, di fare il bagnetto alla nostra piccola. E mi adatto se certe cose non sono proprio come vorrei, pazienza: almeno sono fatte e non ho dovuto pensarci io. Chiedo alla nonna se può star lei con la piccola, mentre vado a far la spesa o altro: per quanto ami mia figlia ci metterei molto di più con lei.

Chiedo aiuto a mia sorella, se ho bisogno di una babysitter e di una serata fuori.

Chiedo, semplicemente. Non ottengo sempre, e mi dispiace, ma devo provare almeno per la mia salute mentale.

Ritagliare. Ritagliare tempo dai tempi morti, e in questo l’agenda e il pendolarismo aiutano.

Il tragitto a piedi fino alla stazione? È il momento giusto per telefonare ai parenti, agli amici. Il momento di attesa del treno? Posso controllare le offerte del supermercato e pensare al menu settimanale e alla lista della spesa, che appunto sul cellulare. Sul treno posso finalmente concedermi il tempo di leggere. Il caffè del mattino è tempo per l’agenda. L’attesa in posta o alla cassa del super è quella in cui penso a ciò che va comprato in sostituzione di qualcosa di rotto, ai vestiti da preparare per il giorno dopo…e tutto questo è tempo non più perso, ma guadagnato perché mi semplifica la vita.

Pensare diverso. Il problema è solo imparare a pensare diverso. Hai sempre portato la gonna a pieghe col maglioncino, ma oggi quest’ultimo è a lavare? Chi l’ha detto che non puoi provare con la camicia jeans? hai sempre fatto quella strada per andare al lavoro, ma oggi è bloccata? Magari facendone un’altra scopri che vicino all’ufficio c’è un ufficio postale poco frequentato, in cui perderai meno tempo. Le abitudini fanno risparmiare tempo e fatica mentale, ma per ritagliare tempo e imparare a sfruttarlo bene, ho imparato a rompere ogni tanto la routine e scoprire se c'è qualcosa di nuovo, che mi aiuta a fare nuove migliorie alla mia giornata.